L’ albero del teatro

Il Teatro è come l’ albero della foto, in teoria la rete di ferro è più forte, più robusta. Anche un bambino capirebbe e affermerebbe senza errore che il ferro è più duro del legno. Si son però fatti i conti senza la scintilla divina, senza l’ anima del mondo che permea tutto il creato e in particolare gli organismi viventi.

Da un piccolo seme, portato “casualmente” dal vento o da un volatile, l’ albero è nato, e lentamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno è cresciuto all’ interno della rete metallica,  la quale nulla ha potuto fare, nella sua ottusità, per fermarlo.

Posso affermare, senza timore di essere smentito, e supportato da voci più autorevoli della mia, che il bisogno dell’ essere umano di mettersi in scena, di mettersi in gioco, di far ridere, di far piangere, di far riflettere sui  dubbi, sulla meschinità, sulla caducità e sulla grandiosa maestosità di se stesso si perde nella notte dei tempi. E ha attraversato indenne continenti e civiltà, dal Giappone, all’ Africa, all’ America.

Il Teatro, certo, si è dovuto adattare, modificare, a volte nascondersi e a volte vendersi, ma non si è mai fermato. E non sarà una pandemia, quest’ apocalisse a fermarlo, anche se i teatri, i cinema, le sale da concerto sono chiuse fino a data da destinarsi. 

Il Teatro ha sempre portato indomito quella fiammella denominata cultura, a coloro i quali erano, sono e saranno sempre pronti a raccoglierla e a ridistribuirla generosamente. La primavera è arrivata, quest’ albero non è ancora fiorito in quanto prende poco sole, ma fiorirà e sarà ancora li, indomito e maestoso dopo che  la pioggia, la neve, il vento e il sole avranno fatto scempio della rete metallica che voleva imprigionarlo.

Concludo con una citazione di una parte della dedica che Giordano Bruno fece a mo’ di prologo ad una sua opera: il Candelaio.

“Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila; è un solo che non può mutarsi, uno solo è eterno e può perseverare eternamente uno, simile e medesimo. Con questa filosofia l’animo mi s’aggrandisse e me si magnifica l’intelletto. Però qualunque sii il punto di questa sera ch’aspetto, si la mutazione è vera, io che son ne la notte aspetto il giorno, e quei che son nel giorno aspettano la notte: tutto quel ch’è, o è cqua o llà, o vicino o lungi, o adesso o poi, o presto o tardi”.

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